L’assegno di divorzio o assegno divorzile è la somma che un coniuge corrisponde all’altro (in seguito al divorzio) quando egli risulta privo di reddito.
In questo ambito, come tanti altri, l’investigatore privato può intervenire e svolgere un ruolo decisivo mediante il suo contributo.
Recentemente la Corte di Cassazione ha ritenuto dirimente l’operazione degli investigatori privati nel ricercare e fornire prove utili a dimostrare che la moglie, a cui il tribunale aveva riconosciuto il diritto di percepire un assegno di divorzio dall’ex marito, in realtà non avesse alcun diritto a ricevere tale somma di denaro dall’ex coniuge, poiché era stata sorpresa a svolgere un’attività lavorativa in nero.
Nella fattispecie il tribunale, con sentenza di divorzio definitiva, aveva deciso che l’ex marito avrebbe dovuto dare sia un assegno di mantenimento per il figlio, sia un assegno di divorzio per l’ex moglie in quanto risultava che quest’ultima non avesse più un lavoro presso lo studio commercialista a causa di una patologia da cui era affetta che le impediva di lavorare.
La signora, mediante appello incidentale, domandava l’aumento dell’assegno divorzile previsto.
La Corte d’appello rigettava le doglianze della donna in quanto l’ex marito, attraverso gli accertamenti svolti dall’investigatore privato, aveva dimostrato che l’ex moglie in realtà non doveva beneficiare di alcun assegno. Infatti, le prove raccolte dagli investigatori dimostravano che l’interessata svolgeva un’attività lavorativa e percepiva un reddito, seppur in nero.
Mediante ricorso per Cassazione la signora lamentava che il giudice di secondo grado avesse utilizzato le indagini investigative per rigettare la sua domanda.
La Suprema Corte ritiene inammissibile tale ricorso sulla scorta dell’argomentazione secondo cui lo stato di salute della donna non era tale da impedirle di lavorare, tant’è che era stata sorpresa a svolgere altre attività ludiche e sportive come guidare, passeggiare e utilizzare la bicicletta. Ma, in ogni caso, tale mantenimento non le spettava in quanto svolgeva un’attività lavorativa continuativa, prestata in nero dal 2011.
Per tale motivo, con l’ordinanza n. 5077/2021, la Corte di Cassazione riconferma l’importanza e il fondamentale contributo delle investigazioni private nell’accertare fatti da provare in giudizio e, in particolare, tutti quei fatti idonei a negare un assegno divorzile a beneficio di una persona che, apparentemente risulterebbe priva di reddito, ma che in realtà svolge attività in nero.