Cosa può fare il datore di lavoro per provare che il dipendente infedele utilizza  il permesso per l’assistenza a familiari disabili per andare al mare???

Come riferisce l’INPS l’incremento dei permessi retribuiti ai sensi dell’art. 33 legge 104/92,  è vertiginoso: si è passati dalle 360.000 domande del 2012  alle 460.000 del 2016: un incremento che sfiora il 30%.

I dati fin qui riportati riguardano il solo settore privato (circa 19 milioni di lavoratori), mentre si stima che per il settore pubblico (3 milioni) la media pro-capite annua dei giorni di permesso richiesti sia di circa 4 volte tanto (6 giorni contro 1,5).

Qual è la conseguenza di questo trend in continua crescita? Il forte esborso per le casse pubbliche, che ammonta approssimativamente a 3 miliardi di euro.

In secondo luogo, dato più preoccupante, al crescere delle richieste di permessi aumentano anche le possibilità di abusi da parte di dipendenti che, invece di accudire il familiare gravemente infermo, utilizzano il permesso per finalità tutt’altro che lodevoli: è di pochi giorni fa la notizia di una dipendente della asl di Lucca che è stata licenziata (giusta causa) per essersi avvalsa del permesso assistenziale per un’escursione in Africa (con risvolto penale in quanto, accusata di truffa ai danni dello Stato).

Le conseguenze di un abuso del permesso 104 possono essere sia di natura civile che penale: sul piano civile legittimano il licenziamento per giusta causa (“in tronco”), sul piano penale un procedimento ex art. 640-bis, meglio noto come truffa ai danni dello Stato.

Si ricordi, che pur gravando in ultima istanza sull’Inps, l’indennità è anticipata dal datore di lavoro, che sopporta ulteriori costi a fronte della mancanza di una prestazione lavorativa.

La giurisprudenza

Il datore è legittimato  ad intervenire nei casi sospetti  incaricando un investigatore privato che attraverso appostamenti, pedinamenti anche elettronici  e report video-fotografici può raccogliere lecitamente prove utilizzabili in giudizio sul dipendente infedele.

Ricorda la Cassazione -nella sentenza 9749/2016– che il ricorso ad un investigatore privato per accertare comportamenti illeciti del lavoratore idonei a rompere il vincolo fiduciario che lo lega al datore (tra cui rientra l’abuso della 104, che come abbiamo visto, integra anche una fattispecie penale) è pienamente legittimo: nel caso di specie si trattava di un dipendente che aveva richiesto il permesso per assistere un familiare disabile quando invece eseguiva dei lavori in terreni di sua proprietà, “beccato” proprio grazie ai servizi di osservazione svolti dall’investigatore privato incaricato con regolare mandato dal datore di lavoro.

Il convenuto ha contestato la legittimità degli accertamenti investigativi: a suo dire, la giurisprudenza li ammette solo a fini di tutela del patrimonio aziendale.

Di diverso parere il giudice: richiamando la sentenza 4984/2014 (nella quale si afferma che i servizi di osservazione messi in atto dall’investigatore incaricato con regolare mandato sono legittimi per accertare comportamenti illeciti del lavoratore) la Corte afferma la piena utilizzabilità delle prove investigative; l’abuso del permesso 104 è un comportamento idoneo a ledere il vincolo fiduciario che unisce datore e dipendente, pertanto viene affermata la piena legittimità del licenziamento in tronco nel caso in oggetto.

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