Le feste sono un periodo di gioie e condivisioni, talvolta però non si è così fortunati e può capitare di dover affrontare le conseguenze di separazioni e divorzi. A Natale, piuttosto che appianare le ostilità genitoriali tra un panettone o un regalo sotto l’albero, si finisce invece per litigare sul rispetto dei turni di visita di questo genitore o quell’altro, trasformando la festa della natività in una nuova occasione di screzi e dissapori.

Tuttavia, la materia pare prossima a subire grossi cambiamenti.

Il disegno di legge 735/18 (firmato dal senatore leghista Simone Pillon), arrivato il 10 Settembre in Commissione Giustizia al Senato ed attualmente ancora in corso di discussione (nonché al centro di numerose proteste e polemiche, ultima delle quali la recente manifestazione delle cosiddette “ancelle” a Imperia e Sanremo) si propone di intervenire su quelli che ad oggi sono i principali tasti dolenti del rapporto tra ex marito e moglie in caso di fallimento del matrimonio attraverso la (quasi totale) scomparsa dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge “ economicamente debole” e l’affermazione del principio della “bigenitorialità perfetta”: si tratta di due rimedi volti a risolvere alcune principali criticità nella gestione del fallimento del rapporto di coppia che vengono  avvertite, nella stragrande maggioranza dei casi, dai padri separati.

L’Assegno di mantenimento  al coniuge più debole sparisce??

L’aspetto più controverso e che più ha acceso gli animi è la scomparsa dell’assegno di mantenimento. Il disegno di legge prevede infatti che gli ex coniugi presentino al giudice un piano genitoriale -un documento che indica come dovranno ripartirsi tra i genitori le decisioni da prendere riguardanti la vita del minore (la scuola da frequentare, quali sport o attività extrascolastiche intraprendere, dove andare in vacanza)- nel quale -tra le altre cose- si dovranno concordare le spese per il mantenimento diretto del minore a carico di entrambi i genitori, modificando così di fatto la corresponsione del vecchio assegno di mantenimento al coniuge debole,  ma solo in funzione di garantire che i soldi versati vadano effettivamente al minore –rimane ovviamente l’assegno di mantenimento per il coniuge che non dispone di fonti di reddito sufficienti per il proprio mantenimento-.

Novità che va letta di pari passo al (contestatissimo) nucleo della riforma, il principio della bigenitorialità perfetta: scalzando il vecchio affido condiviso, la normativa garantisce al minore la possibilità (e il diritto) di frequentare entrambi i genitori, prevedendo che esso sia affidato in misura equipollente sia alla madre che al padre, per un minimo di 12 giorni (notti comprese) e con tanto di doppio domicilio (per comunicazioni scolastiche, amministrative e sanitarie).

Questa innovativa disposizione è derogabile dai genitori solo mediante diverso accordo, e dal giudice mediante provvedimento idoneo quando ricorrano impossibilità materiali o pericoli per l’equilibrio psico-fisico del minore (maltrattamenti, false accuse di maltrattamenti o violenze perpetrate da un coniuge ai danni dell’altro e che spesso rendono al genitore non affidatario ancora più arduo frequentare il figlio), puniti nell’ultimo caso con sanzioni molto severe, tra cui si ricorda la perdita della responsabilità genitoriale.

Proprio tale principio è stato incidentalmente affrontato dalla Cassazione in una recentissima ordinanza, la n. 31902/2018, nella quale la Corte specifica che la “bigenitorialità” (che l’art.11 del ddl prevede in chiave “perfetta”) non può essere intesa alla stregua di una mera proporzione matematica. Si legge infatti nel testo dell’ordinanza che

“il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio di reciproco interesse, ma ciò non comporta l’applicazione di una proporzione matematica in termini di frequentazione del minore in quanto l’esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con l’esigenze di vita del figlio e dell’altro genitore.”

Diventa perciò fondamentale tenere conto di come i genitori svolgevano il proprio ruolo prima della separazione e di tutte le capacità relazionali ed educative che individualmente possiedono, nonché della loro volontà di mantenere rapporti col figlio anche dopo la disgregazione del nucleo familiare.

Fondamentale importanza viene data anche al tentativo di conciliazione preventiva  tra i coniugi (della durata massima di 6 mesi) affidato alla figura del mediatore familiare, divenuta ora obbligatoria per le coppie con figli minori e individuata sulla base di criteri stringenti specificati nel primo articolo del Ddl; la prima seduta sarà inoltre gratuita, mentre le successive a pagamento, secondo rigidissime tabelle da individuarsi ad opera del Ministro della Giustizia.

Il disegno di legge già agli esordi in Parlamento ha incontrato il biasimo di numerose frange dell’opposizione (PD e FI in primis), nonché di avvocati matrimonialisti e associazioni di stampo familiare.

Le critiche ruotano intorno ad una difesa dei diritti della donna come parte economicamente debole gravemente lesa sia dalla fine del matrimonio che da uomini noncuranti e inadempienti che non vedrebbero migliore occasione del divorzio per dileguarsi e non provvedere ai figli.

Il provvedimento raccoglie inoltre le perplessità e le preoccupazioni del Ministro della Famiglia e del vicepremier Luigi Di Maio i quali affermano entrambi la necessità di apportare correzioni al testo.

Certamente non si può negare che gli episodi di mariti inadempienti e totalmente irresponsabili esistano e siano numerosi, ma ridurre a una casistica così riduttiva le complesse dinamiche coniugali sarebbe quantomeno parziale, se non decisamente arbitrario.

Quello che i sostenitori di tale tesi non considerano è che si è creata nell’ultimo decennio una situazione paradossale dove la giurisprudenza si è arroccata su un indirizzo assai “ciclostilato” (termine caro a chi critica il ddl), nel quale la tutela è accordata principalmente alla madre in nome di una (sacrosanta) tutela dei diritti della donna, a scapito tuttavia di padri che sempre più spesso finiscono disoccupati sotto la grave scure delle parcelle e degli assegni di mantenimento, oltre alla beffa di non poter vedere i figli se non pochi giorni al mese (finendo appunto ridotti a bancomat o genitori domenicali), in nome di un affido che dovrebbe dirsi condiviso quando invece è marcatamente esclusivo.

Proprio questo è uno degli ultimi punti che la riforma si propone di emendare: contrastare le “alienazioni genitoriali”, prevedendo come antidoto una equa ripartizione (che dovrà comunque fare i conti con quanto recentemente affermato dalla Cassazione) dei giorni di affido -ingiustamente definita salomonica- che non può -come sempre crescenti studi internazionali dimostrano- che giovare al benessere psico-fisico del minore, e tutelata da comportamenti violenti o fraudolenti (i casi di coniuge non affidatari accusati senza basi concrete di molestie o violenze) grazie a specifiche sanzioni come la perdita della responsabilità genitoriale.

Le investigazioni private  per scoprire i redditi occulti

Con l’abbandono dell’assegno si eliminerebbero le incertezze sulla destinazione delle risorse economiche alla prole, senza però sfavorire il coniuge economicamente debole. Come si è infatti accennato, esso può continuare a beneficiare dell’assegno coniugale (non certo abrogato) mentre il suo contributo è calcolato in proporzione alle sue capacità contributive, di cui si tiene precipuamente conto nel piano genitoriale.

Il provvedimento prevede semplicemente la nettissima preferenza legislativa per il mantenimento diretto del figlio e la scomparsa del vecchio assegno relativo, ma tale scomparsa non è assoluta: dove infatti sia “strettamente necessario e solo in via residuale” si può ancora prevedere la corresponsione di un assegno di mantenimento, a condizione che tale situazione sia temporanea e che ci si adoperi per ripristinare il più velocemente possibile il regime di mantenimento diretto, a rimarcare la ratio che permea il ddl.

Il profilo della capacità contributiva potrebbe essere quello che più di tutti potrebbe catturare l’attenzione delle agenzie di investigazione privata: in un contesto dove calcolare l’ammontare delle finanze del coniuge è fondamentale, può risultare cruciale l’apporto di un investigatore privato che, nel rispetto delle normative vigenti, accerti l’esistenza di somme o fondi occultati da un genitore qui sì inadempiente.

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