Bonifiche Ambientali Firenze - Agenzia Investigativa

Il tradimento è, da sempre, una delle principali cause di addebito della separazione, in quanto capace di minare irreversibilmente quel rapporto di fiducia e di rispetto su cui basa l’intera vita matrimoniale, rendendo – il più delle volte –  intollerabile la prosecuzione della convivenza. I social network consentono di stabilire nuove ed equivoche amicizie con maggiore facilità e con apparenti minori rischi. Soprattutto quando ad essere utilizzati sono quei social sfacciatamente funzionali alla ricerca di nuove relazioni, come nel caso di Tinder o di Badoo.

Nell’epoca del virtuale accade spesso che le relazioni clandestine on-line restino relegate nell’ambito di un rapporto platonico, cioè di un legame privo di rapporti sessuali, di incontri diretti tra gli amanti, talvolta residenti in luoghi lontani. Si tratta, dunque, di relazioni che in molti casi si sviluppano solo attraverso internet e che appaiono prive di quegli elementi che caratterizzano le relazioni extraconiugali tradizionali.

Ciononostante, recentemente, la Corte di cassazione con la sentenza del 9 aprile 2015, n. 7132 ha sostenuto che la pronuncia di addebito può anche non fondarsi sulla violazione dei doveri coniugali di fedeltà di cui all’art. 143 cod. civ., ma anche solo sulla continuativa e unilaterale violazione del dovere di lealtà, cioè di fiducia reciproca dei coniugi.

Pertanto, anche il tradimento su Facebook può essere considerato una violazione del dovere di lealtà e di condivisione del progetto di vita in comune, quando costituisce la causa scatenante la crisi coniugale.

In particolare, quando l’adulterio virtuale sia esteriormente intrattenuto in modo da recare offesa alla dignità e all’onore del coniuge “tradito”. Il riferimento è a tutti quei casi in cui le amicizie c.d. equivoche, lungi dall’essere coltivate discretamente, siano condivise sul profilo personale del coniuge, ancorché visibile solo nella cerchia delle amicizie social, o siano in altro modo rese note,  così da indurre plausibili sospetti di infedeltà nell’ambiente in cui vivono i coniugi.

Quando un “mi piace” non basta… Le prove raccolte dall’Investigatore Privato.

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Anche se una foto e/o un commento sui social network possono fondare nel coniuge il lecito sospetto di un tradimento non è detto che siano elementi sufficienti per un addebito della separazione. E’ opportuno, infatti, che chi intenda intraprendere la faticosa strada di una separazione giudiziale disponga di elementi probatori maggiormente incisivi, capaci di dimostrare l’esistenza del tradimento e la sua incidenza causale nella fine del rapporto. E’ proprio in queste situazioni di difficile acquisizione della prova che entra in gioco l’attività dell’investigatore privato. Ad esempio, svolgendo interviste negli ambienti frequentati dal partner è in grado di provare il grado di notorietà dell’infedeltà coniugale e, di conseguenza, del danno all’onore e alla reputazione del coniuge tradito. Infine, attraverso il classico pedinamento l’investigatore è in grado di dimostrare quanto dietro un ingenuo commento o una candida foto su internet, spesso esista nella realtà, una vera e propria relazione extraconiugale.

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