Le investigazioni private per accertare eventuali lavori in nero o redditi o patrimoni occulti dell’ex coniuge.
La Cassazione torna a pronunciarsi sui criteri di calcolo dell’assegno di divorzio. Sarà la parola fine ad una querelle apertasi in maniera dirompente quando l’anno scorso? Proprio la Corte (a sezione semplice) aveva dichiarato non più applicabile il criterio del tenore di vita nel calcolo dell’assegno divorzile adottato fin dal 1990.
Dopo 27 anni nella sentenza Grilli-Lowenstein (11504/2017) si era infatti affermato il principio di auto-responsabilità. A fine rapporto le parti tornano ad essere persone singole e il pregresso non si conta se si è economicamente indipendenti. Era escluso il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio come fattore di quantificazione dell’assegno di divorzio. Si teneva conto del raggiungimento di un’autosufficienza economica.
La Cassazione (a Sezioni Unite) torna a rimettere mano (forse definitivamente) alla questione con la sentenza 18827/2018, recentemente depositata.
Nella corposa analisi effettuata dagli Ermellini si legge chiaramente il segno della svolta interpretativa. Nel rispetto del principio di solidarietà e pari dignità fra coniugi espresso dalla Costituzione, l’assegno ha una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa.
Il parametro di riferimento nella quantificazione dell’assegno non è tuttavia né il tenore di vita precedentemente goduto né l’autosufficienza indicata dalla sentenza Grilli-Lowenstein.
Bisogna – si legge in una nota della Corte “adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto. Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo”.
Diventa pertanto decisiva la quantificazione del contributo fornito dall’ex coniuge alla vita familiare. Non più il semplice tenore di vita goduto. È la valorizzazione dei sacrifici –in ordine soprattutto a possibilità lavorative e di carriera, messe sovente in secondo piano per occuparsi dei figli e permettere all’altro coniuge di lavorare- e all’apporto alla conduzione della vita familiare comune. Si terrà conto anche della situazione patrimoniale, dell’età e conseguentemente delle possibilità lavorative del coniuge (economicamente) debole al termine del sodalizio.
Sottolinea infatti la Corte che ” il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale.”
Le ripercussioni sull’attività investigativa privata
A fronte di tutto ciò, quali sono le ripercussioni sull’attività di investigazioni private? In regime di tenore di vita, il suo ruolo appariva talvolta cruciale. Attraverso indagini private si potevano scoprire attività e redditi occulti del coniuge. In questo modo si può ridimensionare la valutazione giudiziale del suo tenore di vita. E adesso?
L’attività dell’investigatore privato può ancora tornare utile nel nuovo panorama delineato dalla sentenza 18287. L’indagine privata risulterà utilissima per evitare pretestuose argomentazioni di chi richiede l’assegno. Ad esempio, le investigazioni private permetteranno di smascherare una eventuale occupazione a nero di chi affermi di aver rinunciato a determinate possibilità lavorative oppure la scoperta di redditi o patrimoni occulti.